Una riflessione di Don Giuseppe Molfese
- Posted by Ufficio Stampa
- On 25/01/2020
Ho sempre sostenuto che lo sport in genere, in modo particolare il calcio, possa essere uno strumento educativo di grande efficacia. Prevenzione, dinamiche di gruppo, contrasto all’esclusione sociale, rispetto delle regole, sono solo alcuni dei valori che il calcio può veicolare. Genitori esagitati, educatori improvvisati, comportamenti irriguardosi spesso tollerati, rendono la meravigliosa pratica sportiva una mina vagante che nonostante le buone intenzioni spesso si trasforma in un modello diseducativo che non ha niente a vedere con lo sport. Niente a che vedere con lo sport, il pensiero che con prepotenza balza alla mente rispetto agli inqualificabili episodi che Domenica 19 gennaio hanno reso protagonista incolpevole delle cronache nazionali la regione Basilicata. La distanza del mondo del calcio da episodi di questo tipo deve essere chiara e perentoria, non servono palliativi inappropriati dettati dal frastuono del momento. Sembra che dobbiamo mettere un pietoso velo all’obiettività di conclusioni ovvie, che tuti elaborano ma nessuno esprime, sembra che il rispetto sacrosanto che la morte di un giovane chiede di avere, debba tradursi in esaltazione di atti che nonostante e purtroppo la scomparsa di questi, vanno qualificati come delinquenziali. Parlo ai miei tifosi che con grande spirito di solidarietà avevano chiesto di farmi portavoce per un minuto di silenzio. No cari giovani, sono addolorato come voi per la morte di questo ragazzo, sono esterrefatto e spero anche voi per la presenza incomprensibile ingiustificata è male intenzionata di un gruppo di facinorosi che non centrano nulla con la società di calcio del Rionero e neanche con un intera comunità di Rionero che sa distinguersi per azioni e gesti certamente edificanti. Non devo certamente ergermi a giudice o cronista di una situazione che spetta alle autorità competenti discernere e valutare, ma dico a voi con forza questo non è il mondo del calcio. L’unico grido accorato che il calcio può far sentire in questi casi, non è la sospensione delle gare, ma la promozione delle stesse. Non si può avvalorare con la sospensione, la prospettiva di chi con il calcio non ha nulla da condividere. Forse la pancia più che la testa in questi giorni porta a chiedere il ritiro delle due compagini Vulturine…per dare quale messaggio? Per punire chi? E soprattutto per prevenire cosa? Un terreno lo si purifica dalla zizzania sapendo che c’è del buon grano…. che noi dobbiamo coltivare e far germogliare…. troppo semplice ma forse farisaico bruciare tutto facendo morire insieme alla zizzania e anche il buon grano. Dobbiamo rimboccarci le maniche e far si che il grano buono che tanti nostri ragazzi e giovani rappresentano possa davvero germogliare lontano da zizzanie e modelli diseducativi. Non è uno spettacolo che deve continuare, ma è la vita… Quella vita che dallo sport può ricevere sostegno e aiuto, quella vita che oggi più che mai ha bisogno di essere sostenuta da tutto il buono che dallo spot proviene. Lo sport non è una guerra dove si uccide senza vincere, nello sport si vince senza uccidere..quando De Coubertin propose il termine psicologia dello sport sostenne questa sua intuizione dicendo: “lo sport va a cercare la paura per dominarla, la fatica per trionfarne, la difficoltà per vincerla”….In questa difficoltà il vero messaggio vincente può venire solo dai campi di calcio pieno di vita e di vite e non da campi di gioco vuoti.
Don Giuseppe Molfese, Presidente Asd Tricarico Pozzo di Sicar