LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE- Quale riabilitazione?
- Posted by Ufficio Stampa
- On 11/10/2016
Nel calcio, al pari di altri sport da contatto, è sempre più frequente il riscontro di lesioni interessanti il legamento crociato anteriore (LCA). Questo incremento non può essere ascritto solo ad una migliore e facile accessibilità alla diagnostica per immagini, ma trova una sua giustificazione anche nelle nuove metodiche di allenamento. Il calcio moderno, infatti richiede all’atleta di incrementare le proprie capacità di forza e di forza resistente. Tali caratteristiche possono essere migliorate mediante il lavoro cosiddetto di “muscolazione” che viene effettuato non solo sul campo (esercizi pliometrici, gradoni) ma anche in palestra con carichi addizionali utilizzando specifiche macchine (isotoniche, isocinetiche). Dal punto di vista biomeccanico e istochimico, il muscolo è meglio allenabile, cioè modificabile nelle sue componenti microstrutturali, rispetto a legamenti e tendini. La forza muscolare raggiunta con gli allenamenti risulta di gran lunga superiore alla capacità di resistenza del legamento crociato anteriore e questo squilibrio è alla base della lesione. Di conseguenza le forze che vengono esercitate sull’articolazione del ginocchio, soprattutto in movimenti rotazionali, possono provocare lesioni delle sue strutture e in particolare del LCA. La rottura, completa o parziale, associata o isolata, del LCA avviene generalmente per un trauma indiretto, in cui le componenti scheletriche che hanno il fulcro a livello del ginocchio compiono un movimento torsionale in direzione opposta, con il piede fisso al suolo e l’asse longitudinale dell’arto inferiore che modifica l’angolo Q del ginocchio in accentuazione in valgo o in varo. Il momento eziologico principale del trauma è quello della rotazione.
I momenti di possibile causa eziologica della rottura del LCA sono rappresentati:
- dalla distorsione in rotazione esterna con l’angolo del ginocchio che si apre in valgismo;
- dalla distorsione in rotazione interna con l’angolo del ginocchio che si chiude in varismo;
- Iperestensione ed iperflessione che rappresentano delle cause molto meno frequenti.
Generalmente la rottura isolata del LCA è rara in quanto nell’evento traumatico possono essere interessate anche altre strutture articolari come la cartilagine, i menischi fino al quadro più grave in cui è coinvolto anche il legamento collaterale nella cosiddetta “triade sfortunata”.
Dopo aver fatto diagnosi di rottura del LCA e aver individuato le eventuali lesioni ad essa associate, si dovrà stabilire in quanto tempo dal trauma è indicato procedere all’intervento ricostruttivo e soprattutto quale tecnica sarà opportuno adottare per la ricostruzione.
L’obiettivo principale, prima dell’intervento chirurgico, è quello di far arrivare il paziente al tavolo operatorio con il ginocchio il meno gonfio possibile. Va infatti subito fatto notare che il gonfiore articolare impedisce anche un adeguato reclutamento delle fibre del muscolo quadricipite, che rapidamente va incontro a ipotonotrofismo ex non usu nel tempo che intercorre tra l’evento traumatico e l’intervento. Controverse rimangono ancora le evidenze scientifiche relative alla precocità di intervento chirurgico, sebbene ormai si tende, soprattutto nei calciatori professionisti, ad operare già in prima settimana.
Diverse sono le possibilità di ricostruzione chirurgica in artroscopia del LCA (t. rotuleo; t. del gracile e semitendinoso; trapianto omologo di altro tendine; trapianto da cadavere; legamento sintetico).
La tecnica più in uso in Italia è quella che prevede la sostituzione del LCA con il tendine rotuleo. Altra tecnica molto usata è quella del ribaltamento del tendine semitendinoso e gracile (si tende oggi ad effettuare anche un double-loop o un triple loop). Dopo il fallimento dell’uso del tendine artificiale in Goretex, da qualche hanno si sta adottando un nuovo tendine artificiale sintetico (LARS) i cui risultati a lungo termine sono in via di valutazione scientifica.
Comunque, indipendentemente dalla tecnica o dai materiali usati (tendine e mezzi di fissazione/ancoraggio all’osso), funzionalmente la riuscita dell’intervento dipende al 50% dallo stato di tensionamento che si riesce a dare con l’intervento al neo-impianto. Per un intervento tecnicamente mal eseguito, nel post-chirurgico si possono riscontrare due problemi opposti: il ginocchio rimane lasso per inadeguato tensionamento o al contrario l’impianto è troppo serrato e ciò impedisce la normale flessione o estensione del ginocchio realizzandosi un precoce e inadeguato “fine corsa” articolare. Il restante 50% dipende dalla riabilitazione cui viene sottoposto il paziente.
Il percorso riabilitativo prevede sei obiettivi che devono essere completati:
Controllo dell’infiammazione e del dolore
Recupero della articolarità e della flessibilità
Recupero della forza e della resistenza muscolare
Recupero della coordinazione
Ripresa del gesto sportivo specifico
Ritorno alla competizione sportiva specifica, nel caso del calcio, la partita.
Le fasi riabilitative (3) non devono essere considerate separate tra di loro, ma spesso si continuano una nell’altra.
Se le tecniche artroscopiche hanno da un lato velocizzato i tempi di recupero, rispetto ai tradizionali e ormai desueti interventi “a cielo aperto”, è ormai ampiamente riconosciuto che un ulteriore incremento nella riduzione dei tempi di recupero è senz’altro dovuto all’introduzione in riabilitazione delle macchine isocinetiche.
Come già ricordato, le procedure riabilitative vanno poste in essere già nell’immediato post-trauma. Infatti, oltre all’uso di ghiaccio (crioterapia) e alle terapie farmacologiche adottate per evitare il dolore e lo swelling (gonfiore) articolare, si dovrà contrastare il decadimento muscolare del gruppo degli estensori di ginocchio. Con tali finalità sarà opportuno iniziare precocemente gli esercizi isometrici effettuati a ginocchio in scarico e a completa estensione. Passivamente va ricercata addirittura l’iperestensione articolare del ginocchio, già nell’immediato post-chirurgico.
Successivamente all’intervento sul LCA, comincia il percorso riabilitativo in senso stretto. Sebbene le evidenze scientifiche non consentono più di parlare di protocolli da applicare in modo unificato a tutti i pazienti, è possibile indicare una tempistica di massima e gli obiettivi da raggiungere in ciascuna delle fasi in cui viene suddiviso l’intero processo.
Un ginocchio operato ha subito un doppio trauma: quello proprio dell’evento traumatico con i danni ad esso correlati e quello traumatizzante dell’intervento (la tecnica del rotuleo è ovviamente più “traumatizzante” di quella con ribaltamento del GST). Il muscolo quadricipite inevitabilmente subisce un processo involutivo con perdita di forza e di massa muscolare. Di conseguenza bisogna procedere per gradi e recuperare prima la massa muscolare poi la forza. Successivamente si cercherà la stabilità articolare e la ricostruzione della propriocettività articolare. Ovviamente di pari passo si cercherà di progredire anche nel recupero del ROM articolare del ginocchio operato.
Nel post-operatorio è doveroso non creare danni alla nuova struttura che è stata impiantata. Fino alla quarta settimana è importante ogni giorno incrementare il movimento di estensione e di flessione cosi che alla fine di questo periodo il ginocchio dovrebbe aver raggiunto la completa estensione (+alcuni gradi di iperestensione passiva) e i 120 gradi di flessione. In tal modo l’atleta è in grado di camminare in modo adeguato, simmetrico e senza alterazioni delle fasi del passo.
La prima fase dopo l’intervento è molto delicata in quanto deve avvenire il processo di trasformazione istologica che va sotto il nome di neo-legamentizzazione grazie al quale il tendine impiantato assumerà le caratteristiche istologiche di un legamento. In questa fase, in rapporto al tipo di intervento cui è stato sottoposto il calciatore, si dovrà:
in caso di ricostruzione con il tendine rotuleo mobilizzare precocemente l’articolazione femoro-rotulea altrimenti questa va incontro a problemi dovuti anche al processo di riparazione del tendine stesso visto che è stato oggetto di prelievo per realizzare il nuovo legamento;
– In caso di ribaltamento del tendine gracile e semitendinoso (G-ST), fare attenzione alle contrazioni isolate dei flessori di coscia, in quanto la contrazione rapida di questi muscoli potrebbe danneggiare il neo-impianto.
In tutta la prima fase (dalla durata di circa 4 settimane) i muscoli periarticolari del ginocchio lavoreranno nella sola condizione isometrica.
Nella seconda fase (durata di circa 2-3 mesi), i due obiettivi da raggiungere sono il completamento dell’articolarità e il pieno recupero della forza muscolare. Dopo aver raggiunto la flessione a 120° del ginocchio si mira al raggiungimento della forza muscolare e si introduce il lavoro isotonico e quindi contro delle resistenze con contrazioni muscolari in accorciamento. Le contrazioni isotoniche consentono lo sviluppo della massa muscolare e di conseguenza anche l’incremento della forza muscolare. Progressivamente si possono utilizzare dei pesi di carico crescente e vari tipi di macchine per poter effettuare il potenziamento dei vari gruppi muscolari ma bisogna essere consci del fatto che il carico deve essere sempre adeguato al paziente.
Per una più completa valutazione del recupero del paziente si utilizza il dinamometro isocinetico, che attraverso dei test specifici ( a diverse velocità angolari) permette di misurare forza, potenza e resistenza muscolare dell’arto operato rispetto al contro laterale sano. In era “ pre- isocinetico” i tempi di recupero erano di 12-13 mesi per ritornare all’attività in gara e nonostante tutto difficilmente il calciatore infortunato riusciva a ritornare agli stessi livelli di professionismo e a conservare le categorie di appartenenza.
Shelbourn, ha introdotto il concetto di riabilitazione accelerata proprio grazie all’avvento delle macchine isocinetiche. Due sono le condizioni che hanno permesso di avere il vantaggio della velocità di recupero dopo ricostruzione del LCA: l’artroscopia e le macchine isocinetiche. I tempi di recupero attualmente si sono significativamente ridotti (4-6 mesi). Durante il recupero riabilitativo accelerato introdotto da Schelbourn bisogna fare attenzione a due possibili inconvenienti: il versamento endoarticolare (il ginocchio si gonfia) o la riduzione dell’escursione articolare. In entrambi i casi, questi sono la spia che il carico di lavoro è eccessivo e di conseguenza la quantità di rinforzo muscolare deve essere ridotta. Viceversa, se vediamo che il carico di lavoro viene ben tollerato e che non ci sono particolari problemi in quanto il ginocchio non si gonfia e si continua ad avere la giusta articolarità possiamo continuare con i carichi di lavoro sempre maggiori. In questa fase saranno inoltre introdotti gli esercizi per la propriocettività con esercizi specifici (su pedane basculanti semplici o dotate anche di visual feed-back).
Importante per il calciatore è il recupero della possibilità di allenarsi effettuando la corsa. Questa può essere effettuata in palestra (nastro trasportatore) o in esterno sul campo. Ma il tipo di superficie su cui concedere la corsa, deve essere selezionato in base alle indicazioni fornite dal test isocinetico.
Generalmente intorno al terzo mese di riabilitazione è appunto necessario fare il test isocinetico. In base ai risultati ottenuti nel test si stabilisce se il paziente è in grado o meno di effettuare il passaggio alla fase successiva della riabilitazione. Infatti, se la differenza di forza muscolare rilevata tra i due arti è quasi nulla, ovvero, vi è una differenza inferiore al 20% si concederà al calciatore di correre all’esterno. Se, invece, il test documenta che vi è una differenza compresa tra il 20 e il 30% questo significa che il paziente non è ancora pronto per passare alla fase successiva del processo riabilitativo ma che deve proseguire il lavoro in palestra. Dopo un mese di ulteriore lavoro di rinforzo in palestra, si può ripetere il test i cui risultati ci danno indicazioni analoghe al primo test. Solo se i valori di forza, comparata fra i due arti, presentano differenze < del 20% si potrà concedere il lavoro in esterno. Se invece, nonostante sia trascorso un mese di lavoro ma la differenza di forza muscolare tra le due gambe è ancora maggiore del 30% si deve continuare a lavorare esclusivamente in palestra per altri due mesi e solo dopo 8 settimane è possibile ripetere nuovamente il test isocinetico di valutazione. Quindi, per passare alla fase successiva, ovvero, la corsa all’esterno e l’allenamento sport-specifico è necessario aver superato questo test di valutazione il quale ci garantisce che il paziente ha riacquistato la forza muscolare necessaria (indirettamente la stabilità e la propriocettività articolare).
La terza fase (dal 3° al 5° mese) si caratterizza per lavoro misto da effettuare sia in palestra che sul campo. Il vero cardine della condizione del recupero del paziente è rappresentato dal condizionamento cardio-vascolare cioè la capacità di resistenza. La fitness del paziente viene valutata con specifici test al nastro trasportatore in grado di stabilire la soglia aerobica e anaerobica, determinando a che valori di frequenza cardiaca (test di Conconi) o di velocità di scorrimento del nastro trasportatore si innescano tali meccanismi metabolici (aerobica = 11.7 km .h-1; anaerobica = 14.3 km .h-1). E’ ormai abbondantemente superato il concetto che il solo test isocinetico sia dirimente per partecipare alle partite. Il calciatore deve essere valutato globalmente, ivi compresa una attenta analisi della composizione corporea (% massa magra e % massa grassa). Non ultimo l’aspetto psicologico. Il calciatore si deve sentire non solo bene, ma guarito.
Conclusioni:
Non tutti possono sottoporsi allo stesso protocollo riabilitativo anche se sottoposti allo stesso tipo di intervento chirurgico. Nell’immediato post-operatorio la cosa importante è quella di mobilizzare il ginocchio e avere l’estensione dello stesso se non addirittura la sua iperestensione e controllare continuamente che non si determini versamento endoarticolare. Vi è una gradualità di progressione del rinforzo muscolare: isometrico che garantisce la contrazione muscolare senza movimento evitando la formazione di strappi e avulsioni sul legamento neo-impiantato, successivamente si procede alla contrazione isotonica ed infine alla terza fase che è quella isocinetica. È importante fare attenzione alle complicanze, ovvero, ad un ginocchio che può rimanere troppo rigido perché si è andati troppo lenti con il processo riabilitativo o perché non sono state adeguatamente elasticizzate le componenti muscolari: a tal proposito si ricordi che il muscolo va rinforzato ma è anche vero che allo stesso modo va elasticizzato, quindi bisogna sempre dedicare attenzione agli esercizi di stretching. La progressione nelle varie fasi del recupero deve essere fatta in base alle condizioni del paziente ed ai suoi progressi e non tenendo solo conto delle fasi e dei tempi della procedura. E’ importante che il calciatore sia seguito in modo globale, quindi non solo articolarità e forza muscolare ma anche fitness cardiovascolare, composizione corporea e benessere psicologico.
La ricerca di tempi di recupero accelerati va ricercata solo nei calciatori professionisti, i quali hanno a disposizione una completa equipe riabilitativa (medico, terapista, preparatore atletico, nutrizionista e psicologo), sempre però ricercando la velocità di recupero nel rispetto dei tempi biologici della guarigione. Tale condizione si rende necessaria non solo per evitare complicazioni, ma soprattutto per evitare lesioni al neo-impianto e recidive.
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