Calciare il pallone: aspetti biomeccanici e applicazioni di pratica utilità
- Posted by Ufficio Stampa
- On 18/05/2016
La biomeccanica si avvale di due importanti metodiche di studio: la cinematica e la cinetica. Entrambe possono essere applicate al calcio.
La cinematica analizza e descrive i movimenti del corpo, dei suoi componenti segmentali (gli arti) e del pallone.
La cinetica analizza e esamina le forze richieste per effettuare questi movimenti implicati nell’azione del calciare la palla.
La cinematica è lo studio del movimento che viene descritto attraverso lo studio della posizione, della velocità e dell’accelerazione dei corpi. Si rifà alla legge fondamentale di Newton F = m . a dove F è la forza, m è la massa e a è l’accelerazione. Dall’applicazione di questa legge fondamentale si ottengono le informazioni necessarie a studiare i movimenti dei corpi nello spazio. Scomponendo i movimenti delle diverse parti corporee coinvolte nel calciare, si possono ottenere delle informazioni necessarie a ottimizzare questo tipo di performance. Ad esempio il movimento dell’arto inferiore produce la massima velocità alla sua estremità distale (cioè il piede) se c’è una ottimale sequenza temporale di attivazione muscolare che procede dall’ anca al ginocchio alla caviglia. Lo stesso non può essere ottenuto effettuando un’attività pendolare con fulcro all’anca e a ginocchio rigido. Questo spiega come è possibile integrare i movimenti di ciascuna articolazione al fine di ottenere la massima velocità del piede e quanto sia importante la sequenza degli eventi. Infatti il piede raggiunge la sua massima velocità al momento in cui entra in contatto con il pallone. La possibilità di calciare il pallone può avvenire quando questo è fermo (calcio piazzato) o quando lo stesso è in movimento (con diversità di tecnica realizzandosi il tiro al volo, di controbalzo ecc).
E’ soprattutto il tiro piazzato che è stato oggetto di numerosi studi. Al pari di quanto è avvenuto per il baseball, in cui le fasi del lancio sono state individuate e descritte singolarmente, è possibile anche per il calcio suddividere le fasi di movimento dell’arto che calcia e studiarle analiticamente Generalmente, nel tiro piazzato si può fondamentalmente distinguere la gamba di appoggio da quella utilizzata per calciare. Il calciatore si avvicina effettuando dei passi in velocità e ponendo l’arto di appoggio con il piede al lato del pallone. L’arto che calcia, dopo una fase di accelerazione in pendolamento, impatterà il pallone con la massima forza possibile. Il calcio potrà presentare alcune varianti di tecnica, cosi che si può distinguere un calcio di collo piede, di piatto, d’esterno piede – alla sudamericana, un tempo detto all’ungherese -, d’interno piede –modalità adottata nelle punizioni per aggirare la barriera- o molto più elementarmente di punta.
Indipendentemente dal gesto tecnico finale adottato per impattare il pallone con una parte del piede, la fase che precede – swinging – è quella che permette di generare la massima velocità all’arto che calcia. In questa fase si rileva che l’articolazione coxofemorale (o anca) è in estensione mentre il ginocchio è in fase di flessione. Mentre la coscia viene spinta in avanti, la flessione al ginocchio viene incrementata di ulteriori gradi. Raggiunta la massima flessione al ginocchio, la coscia comincia a decelerare, mentre comincia l’estensione del ginocchio, e questa fase consente un rapido incremento della velocità angolare dell’arto inferiore. Il picco di velocità è raggiunto dal piede quando questo è nell’immediato contatto con il pallone e il ginocchio raggiunge la quasi completa estensione. La sequenza dei sopradescritti eventi necessita di una sequela di attivazioni muscolari che prevedono fasi di azioni di muscoli agonisti e antagonisti, ma anche un’adeguata coordinazione. Inoltre è richiesta anche un’adeguata destrezza tanto che questa non è presente nei bambini al di sotto dei 4 anni ma può essere fortemente sviluppata tra i 4 e 6 anni (età di avviamento alle scuole di calcio).
Vi sono altri fattori che influenzano la velocità della palla. Alcune sono ovviamente correlate con le specifiche stesse del pallone (peso, dimensione, materiale costituente e sua elasticità, miscela gassosa usata per gonfiare e stato di tensione del pallone in rapporto alla pressione interna) o alle caratteristiche del mezzo attraverso il quale si deve muovere, cioè l’aria (composizione in rapporto alle variazioni altimetriche, umidità, presenza di vento).
Indipendentemente però da questi fattori correlati al pallone e all’aria, appare più importante per la velocità raggiunta dal pallone, dal punto di vista biomeccanico, l’area di impatto piede/pallone. E’ stato documentato che maggiore è la superficie di impatto piede/pallone e maggiore è la velocità che il pallone calciato può raggiungere. Tale area è maggiore quanto più è tenuta rigida l’articolazione tibio-tarsica al momento dell’impatto, mentre la plantarflessione del piede riduce l’area di impatto e di conseguenza la velocità del pallone. Questa evidenza è di particolare importanza non solo per i calciatori già esperti, ma soprattutto per i bambini che si avviano alle scuole di calcio e che devono apprendere gli aspetti basilari che sottendono al gesto tecnico del calciare.
Per quanto riguarda le scarpette da calcio, queste sembrano essere in grado di influenzare poco la velocità raggiunta dal pallone calciato. Infatti le scarpette leggere, quelle di nuova generazione, se è vero che garantiscono una migliore accelerazione dell’arto inferiore tuttavia non sono in grado di imprimere forza la pallone a causa della loro ridotta massa. Viceversa scarpe più pesanti hanno un miglior impatto/massa col pallone ma non garantiscono una buona accelerazione dell’arto. In sintesi i due effetti tendono a controbilanciarsi sino a quasi annullarsi.
Notevole importanza assumono però tutti i segmenti corporei e il tronco che devono essere ben equilibrati, da un punto di vista cinematico, per poter ottenere la migliore velocità impressa al pallone. E’ stato documentato che la palla raggiunge la massima velocità quando la direzione di corsa rispetto al punto di impatto col pallone corrisponde a un angolo di 45 gradi. Ciò verosimilmente perché con tale angolazione si riesce a ottenere la migliore rigidità –al momento dell’impatto del piede col pallone- sia a livello del ginocchio che ancor di più a livello della caviglia. In tal modo, come già rilevato in precedenza si ottiene la massima interazione scarpa pallone e di conseguenza si imprime la massima velocità al pallone.
I laboratori di analisi del movimento sono in grado di valutare le forze scambiate che sono all’origine del movimento.
Lo studio della cinematica del calcio si avvale di sempre più sofisticate apparecchiature in grado di analizzare le forze lineari scambiate all’impatto tra piede e pallone, tra piede e suolo, o le forze applicate dalla contrazione muscolare ai diversi segmenti scheletrici o infine le forze di rotazione che si generano alle diverse articolazioni coinvolte nel movimento.
Nell’analisi del gesto tecnico del calciare il pallone particolarmente utilizzata è stata la pedana dinamomentrica, i grado di valutare le forze scambiate dal piede al suolo nelle diverse direzioni verticali e orizzontali. Attraverso lo studio delle forze scambiate al suolo è possibile risalire ai momenti di forza inerenti le diverse articolazioni. Data la complessità dell’argomento si preferisce rimandare il lettore a testi specifici di biomeccanica. Occorre tuttavia in questa sede meglio specificare quanto emerso da tali studi: in generale quanto più il muscolo è potente tanto più è in grado di generare maggiori momenti di forza.
Considerato che le accelerazioni angolari dei segmenti corporei dipendono da questi momenti di forza, va da se che i soggetti che hanno maggiore forza muscolare riescono a produrre maggiore velocità all’arto inferiore e al piede e di conseguenza imprimere maggiore velocità al pallone. Per quanto tutto questo sia vero, rimane incontrovertibile che per calciare forte, bene e preciso il pallone occorre una grande capacità di tecnica individuale.
Non ci saremmo impegnati in questa lunga premessa se non avessimo ritenuto che quanto fin qui rappresentato non avesse notevoli ricadute soprattutto nell’insegnamento delle tecniche del calcio al bambino. Sebbene calciare il pallone sia abbastanza facile per il bambino, soprattutto in imitazione all’adulto, l’errata esecuzione tecnica spesso porta il bambino a impattare il pallone in modo non corretto o addirittura a impattare il suolo con il piede, causa di frequenti infortuni.
Pertanto prima di procedere alla pratica è importante farla precedere dalla teoria e quest’ultima a sua volta deve essere preceduta dal quesito, rivolto al bambino, se egli conosce il significato di calciare il pallone di collo piede.
Inizialmente il bambino calcia di punta, convinto che sia il modo più efficace di calciare il pallone o quanto meno di imprimergli la forza maggiore. Ma questa modalità di calciare il pallone può essere anche ascritta al fatto che risulta, inizialmente, più difficile coordinare il movimento della caviglia all’intero movimento pendolare dell’ arto inferiore.
Pertanto anche la dimostrazione di come si effettua tale tipo di calcio al pallone, potrebbe non essere completamente compresa, soprattutto dai più piccoli. Questi, infatti, pur cercando di imitare il tecnico che gli sta mostrando lentamente le diverse fasi (avvicinamento, posizionamento del piede d’appoggio e calciata), trovano difficoltà soprattutto ad angolare l’intero arto in rotazione e a flettere plantarmente il piede per impattare il pallone con il collo piede (cioè la superficie dorsale del piede che può essere banalmente identificata con la parte della scarpa ove avviene l’allacciatura).
Non meno importante è però il giusto posizionamento del piede d’appoggio. Sta sempre più entrando in uso la guida manuale dell’arto che calcia. L’allenatore guida il piede dell’allievo e lo porta a colpire in modo adeguato il pallone dopo aver però posizionato prima e in modo adeguato il piede d’appoggio al lato del pallone da calciare.
Nelle fasi iniziali di questo apparentemente semplice esercizio, l’allievo può cercare di mantenere l’equilibrio corporeo anche sostenendosi sulle spalle dell’allenatore che sarà accovacciato di fronte a lui. La testa e il tronco dell’allievo saranno così allineati in modo adeguato al di sopra del pallone. In tale posizione può avvenire la flessione dell’anca e del ginocchio e il piede sarà guidato in flessione plantare fino all’impatto con il pallone, tenuto fermo con le mani dal tecnico. In questo modo si può garantire e guidare la giusta posizione del piede d’appoggio, l’allineamento capo/tronco rispetto al pallone, e le fasi di pendolamento dell’arto abbinato alle flessioni articolari e le loro successioni. Dopo alcuni minuti di esercizio , il piede dell’allievo viene lasciato libero di effettuare il movimento, mentre l’allenatore userà entrambe le mani per tenere fermo il pallone. Questa seconda modalità permette di istruire l’allievo sul controllo della forza da applicare al pallone, consentendo progressivamente di modularla. L’intento principale dell’esercizio rimane però quello di istruire il bambino a calciare in modo adeguato e non di cercare la massima forza di calciata.
Quanto sopra riportato documenta come gli importanti studi di biomeccanica applicata al calcio portano a risultati che hanno un immediata ricaduta pratica, non ultima l’ideazione di semplici esercizi che possono portare all’ottimizzazione del gesto tecnico.
Bibliografia
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